HomePER IL TUO RISTORANTEAlla scoperta della carne di suino tradizionale

Alla scoperta della carne di suino tradizionale

Carne di Suino tradizionale: le razze da riscoprire

Carne di suino tradizionale. Razze e metodi di allevamento.

La carne di suino è una delle più apprezzate in Italia per diversi motivi: l’elevata versatilità e disponibilità sotto forma di diversi prodotti (salumi, insaccati, tagli freschi) ma anche per l’economicità.

Non è un caso se nel 2022 in Italia si sia registrato un aumento delle vendite sia in termini di volume che di valore.

Questo tipo di carne è però spesso considerato come di qualità inferiore, rispetto alal carne bovina, considerata molto magra, standardizzata con tenore di grasso basso, in quanto viene associato alla produzione attraverso metodi di allevamento intensivi.

Eppure, carne di suino non fa necessariamente rima con produzione intensiva, e soprattutto negli ultimi anni, si stanno riscoprendo varietà di suino e tipologie di allevamenti che per secoli, prima dell’avvento dell’industrializzazione, hanno caratterizzato la vita delle campagne italiane.

Sono proprio queste razze, la loro riscoperta e la riscoperta di un metodo di allevamento più rispettosa del tempo, dell’ambiente e dell’animale stesso, che sono protagonisti di questo articolo.

Le vicissitudini della carne di suino tradizionale italiana.

Delle 21 razze esistenti in Italia nella prima età del secolo scorso si contano ad oggi solo 7 superstiti che rappresentano quasi la totalità degli allevamenti all’aperto nel nostro paese.

Per secoli la pratica dell’allevamento allo stato brado e semibrado era la prassi nelle nostre campagne, dal momento che era impensabile, visti gli alti costi, allevare suini tramite una dieta basata esclusivamente sui cereali (come avviene oggigiorno negli allevamenti intensivi).

Sfruttando le caratteristiche delle razze autoctone, gli stili di allevamento all’aperto garantivano un buon approvvigionamento di prodotto a basso costo.

Nel dopoguerra, ma soprattutto a seguito del Boom Economico, la richiesta e i consumi di carne aumentarono, comportando un’impennata nella domanda di carne che non era più possibile soddisfare attraverso l’allevamento e le razze tradizionali.

Ecco quindi che anche la suinicoltura italiana andò incontro ad una trasformazione: al posto dell’allevamento all’aperto, si preferì passare ad un modello incentrato su grandi allevamenti coperti a ciclo chiuso, e invece di basarsi sulle razze autoctone, si preferì la sostituzione delle stesse con razze di importazione, quali la Large White inglese.

Questa razza, dotata di un elevato indice di accrescimento e di una spiccata carnosità, a scapito della massa grassa, soppiantò a cavallo tra anni ’80 e ’90 quasi tutte le razze tradizionali italiane.

Ad oggi, delle razze tradizionali sopravvivono, grazie a un po’ di fortuna e molta lungimiranza, l’ormai celeberrima Cinta senese, la Mora Romagnola, la Nera Calabrese, la Nera Casertana e la Nera Siciliana (Nero dei Nebrodi), la Nera Parmigiana, e la Sarda.

E la riscoperta di un allevamento più rispettosa della Natura e dei suoi tempi, ha spinto realtà locali a intraprendere un percorso di ricerca per ri-dotare un territorio di una sua razza ruspante: è il caso della Regione Marche e del progetto “Suino della Marca”.

Nuova call-to-action

Il caso della Cinta Senese. Il successo della tradizione.

La Cinta Senese, detta anche Cinto Senese o Toscano, è una razza di media taglia dal tipico manto scuro cintato di bianco e dalle carni pregiate. Grazie a un disciplinare rigoroso, redatto e monitorato dal Consorzio di Tutela nato nel 2000, ottiene la DOP dall’unione europea nel 2012.

La sua storia affonda le radici nel territorio toscano rappresentando non solo un’eccellenza agroalimentare unica, ma un vero e proprio esempio ancestrale di asset economico.

Questo merito vale all’animale la nota citazione nell’affresco presente sulle mura del Palazzo Comunale di Siena ad opera del Lorenzetti, “Effetti del buon Governo in città e in campagna” (1337-’39), dove all’artista venne chiesto di celebrare, come il titolo suggerisce esplicitamente, gli effetti economici e sociali della politica comunale dell’epoca.

Dopo il recupero dall’estinzione che ha rischiato di privarci della sua eccellenza, questa carne di suino dalla marezzatura armoniosa e profumata, regala oggi prodotti pregiatissimi, come il Buristo, un insaccato tradizionale addizionato col sangue dell’animale, o la Gota, ovvero la guancia, che insieme al Rigatino (la pancia), è uno degli ingredienti più ricercati nei menù della cucina tradizionale toscana.

Il Nero dei Nebrodi e la carne di suino alle radici della nostra cultura.

Anche questo splendido animale, grazie alla lungimiranza di alcuni allevatori, è scampato alla sostituzione da parte della Large White, ed oggi è una vera e propria chicca dalle prospettive di crescita, anche commerciale, tra le più rosee del panorama gastronomico nazionale.

Le razze dei suini di montagna allevate all’aperto fanno parte della tradizione siciliana fin dai tempi dello sfruttamento da parte della Roma imperiale.

Il Maiale Nero dei Nebrodi condividerebbe parte del suo destino genetico con la razza Iberica, quella da cui per intenderci si ottiene il formidabile Pata Negra, anche se l’ipotesi più accreditata è quella che lo vuole come il prodotto della lunga filogenesi che ha origine da antiche razze indigene di maiale selvatico.

La carne di suino Nero dei Nebrodi è caratterizzata da un bouquet di grande intensità e da una tessitura che lo rende adatto a lunghe stagionature.

Oltre alla versatilità che offre nella norcineria, perfino in ricette non propriamente tipiche del territorio come la mortadella o il culatello, il suino dei Nebrodi è molto apprezzato nelle preparazioni espresse, nelle diverse versioni che è in grado di proporre l’eclettica gastronomia siciliana.

Scarica subito la guida sulle tecniche di gestione della ristorazione

Una storia a parte. La razza suina “…della Marca”.

Il Suino della Marca è il prodotto genetico di incroci di razze diverse che costituisce un unicum nel panorama zootecnico mondiale.

Il progetto nasce nel 2009 (ma le cui radici affondano sulla fine degli anni ’90 tramite la legislazione regionale), tra Regione Marche, Assam e Università di Ancona e Camerino e oggi prende vigore con la partecipazione di Impronta Verde e Baldi.

L’obiettivo è quello di dotare la Regione Marche e il suo comparto zootecnico, di una nuova razza di suino che sia in grado di crescere all’aperto e che riprenda le caratteristiche dei suini tradizionali italiani.

Incrociando in diverse combinazioni esemplari di Cinta senese, Duroc e Large White, senza alcun utilizzo di tecniche di laboratorio e di ingegneria genetica, questo ambizioso progetto è riuscito infine a dar vita a un maiale dalle caratteristiche stabili e a un fenotipo riconoscibile che ha preso il nome di Suino della Marca o Rosso Cintato, a causa della caratteristica fascia bianca che circonda il tronco dell’animale altrimenti tinto di una altrettanto riconoscibile livrea rossiccia.

L’obiettivo, raggiunto con pieno successo, ha così riportato negli allevamenti allo stato brado e semibrado marchigiani, una razza suina capace di integrarsi in maniera sostenibile con il territorio e con le tecniche tradizionali di allevamento all’aperto, brado e semibrado.

In netta controtendenza rispetto al mercato della carne “industriale”, il risultato che ci dona il Rosso Cintato è una carne di suino dalla marezzatura equilibrata e dalle caratteristiche organolettiche uniche.

Allevamento brado e semibrado: una scelta ecologica.

La riscoperta delle razze rustiche di suino italiano è legata a doppio filo a quella dei metodi di allevamento all’aperto.

Sono infatti le caratteristiche dell’animale che ne determinano la scelta. Solo razze che hanno nel loro bagaglio genetico caratteristiche di resistenza e adattabilità possono essere allevate allo stato brado o semibrado, proprio come un secolo fa.

Gli allevamenti allo stato brado e semibrado offrono l’opportunità di sfruttare terreni di risulta altrimenti marginali, come il sottobosco, in cui gli animali grufolano alla ricerca di ghiande e tuberi, che nel caso dell’allevamento allo stato semibrado vengono integrati solo in minima parte con mangimi somministrati.

Gli allevamenti tradizionali hanno un impatto ambientale irrilevante, garantiscono altresì il benessere dell’animale durante tutte le fasi del ciclo vitale, e promuovono la conservazione e il recupero della biodiversità, sfruttando in maniera più consapevole e sostenibile il territorio.

Sugli impianti intensivi gravano norme sanitarie e catastali sempre più restrittive, oltre a costi di gestione enormemente più esosi.

Scarica la guida definitiva sulla cottura della carne!

Allevamento brado e semibrado: una scelta economica.

Dal punto di vista commerciale il valore aggiunto di una carne di suino allevata con metodi rustici tradizionali diventa un fattore sempre più importante.

I consumatori sono spinti in misura crescente da motivi etici, dietetici e gastronomici a prediligere un minor consumo di carne associato alla scelta di un prodotto di maggior qualità.

Questa tendenza rende il moltiplicatore economico della produzione su scala industriale sempre meno favorevole.

Le tecniche all’aperto, anche quella allo stato semibrado in cui l’alimentazione degli animali viene integrata ove necessario, comportano un evidente arricchimento della carne di suino tradizionale di nutrienti, e di una gamma di sentori e profumi di grande complessità, il tutto grazie proprio alla rusticità della base alimentare delle razze tradizionali.

Per concludere

Riscoprire le razze tradizionali non è semplicemente una moda del momento, ma una necessità in un periodo storico dove la produzione e il consumo di carne è messo sotto indagine.

Per un ristoratore riscoprire queste varietà di carne di suino può rappresentare un’opportunità unica, non solo per servire prodotto di qualità, ma soprattutto per porre la sua attività come una realtà ambasciatrice del territorio e delle sue eccellenze.

Noi di Baldi, in quanto direttamente coinvolti nel progetto del Suino della Marca, siamo sempre disposti a condividere la nostra esperienza, con tutti quei ristoratori che vogliono portare nelle loro tavole un’innovazione di qualità, rispettosa sia degli animali che dell’ambiente.

BALDI srl via della Barchetta, 8 bis/ ter · 60035 Jesi (An) · Italia · tel 0731 60.142 · fax 0731 60.069 · C.F. | P.I. e Reg. Imp. AN 02158380424 · Cap. Soc. i.v. € 2.060.742,00
Credits: Art Direction, concept, copy: Simone Grassi / Visual Design: Serena Picchio / Web Developing: Life Color